Il pastore dei senzatetto sarà creato cardinale dal Papa: Konrad Krajewski

di Ary Waldir Ramos Díaz

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Durante il Regina Coeli di domenica 21 maggio, Papa Francesco ha annunciato che il suo “braccio destro” per portare la carità ai poveri e ai senzatetto di Roma, la sua diocesi, don Corrado, sarà creato cardinale durante il concistoro del 29 giugno 2018.

Annunciando la creazione dei nuovi cardinali, Francesco ha dichiarato che “la loro provenienza esprime l’universalità della Chiesa che continua ad annunciare l’amore misericordioso di Dio a tutti gli uomini della terra”.

“Questa porpora è per i poveri e i volontari, io non ho alcun merito”, ha detto a Vatican News monsignor Konrad Krajewski, che per i senzatetto di Roma è semplicemente “don Corrado”. Il Papa lo ha sorpreso. “Il Santo Padre non mi aveva detto niente”, “sono ancora così sconvolto”, ha confessato, ma la notizia non lo smuove di un millimetro dagli impegni che ha assunto negli ultimi anni.

“Credo che sia un riconoscimento per loro [i volontari] perché… ecco, mi viene in mente questo: che i primi cardinali erano diaconi, quindi quelli che servivano i poveri, perché i diaconi sono per i poveri…”, ha detto don Corrado, nato a Łódź (Polonia) il 25 novembre 1963. L’annuncio del Papa lo ha colto di sorpresa, mentre usciva dal Vaticano in bicicletta.

Don Corrado è entrato nel 1982 nel seminario diocesano di Łódź. L’11 giugno 1988, dopo aver conseguito un titolo in Teologia presso l’Università Cattolica di Lublino, è stato ordinato sacerdote.

Il 12 maggio 1999 è stato nominato Cerimoniere Pontificio, e il 3 agosto 2013 Elemosiniere di Sua Santità e arcivescovo titolare di Benevento.

Il 29 giugno Papa Francesco lo creerà cardinale ed entrerà nel gruppo “scelto” di pastori che possono eleggere ed essere eletti Pontefice.

Si tratta della dignità più elevata dopo quella del Romano Pontefice ed è un titolo e non un incarico. In questo modo, don Corrado è chiamato ad essere aiutante e consigliere del Papa nel governo di tutta la Chiesa.

Don Corrado è stato la “mano invisibile” e diligente dietro i lavori per realizzare le docce e il barbiere per i senzatetto in Vaticano e l’aiuto ai rifugiati. Tra le altre iniziative, ha organizzato anche il Giubileo dei Poveri, oltre alla prima giornata mondiale dedicata a loro nel 2017, eredità del Giubileo della Misericordia.

Philadelphia Day

DSC03266 Sveglia ore 6.00 e subito su un Treno che ci porta a Philadelphia, la culla degli Stati Uniti di America. Un tuffo nella storia non antica ma molto interessante. Un tentativo di ragionare tra studenti su come sia nata una nazione moderna senza un passato ma con un grande bisogno di costruire una storia ed una memoria condivisa. Un paese che ha come simbolo una campana, la liberty bell, che suona ancora nell’Independence Square a fianco della sala dove Washington, Franklin, Jefferson e altri firmarono la Declaration of Independence of the United States of America. Era il 4 luglio del 1776 e a quell’atto seguirono l’abolizione della schiavitù e tante altre misure per sottolineare quel desiderio che la terra di America fosse per tutti luogo di nuove opportunità.

Abbiamo quindi visitato la bellissima città, abbiamo corso per le scale di Rocky e sbirciato nell’enorme tempio massonico… Ma alle 13 un appuntamento per noi molto importante era fissato. L’incontro con i docenti e gli studenti della Villanova University. Jim Gallo, nostra guida, ci ha mostrato i laboratori di comunicazione e video film malinteso dell’università, ci ha fatto conoscere studenti appassionati e docenti o desiderosi di mettere in comune le proprie idee. Un pomeriggio esaltante in uno dei più rinomati college di America per conoscere e accendere l’ingegno e trovare nuove strade per costruire la storia di domani.

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The day after

Il giorno dopo il dì di festa è chiaramente visibile. La città si trasforma e tutto assume un’aria di lavoro. Ci aspetta anche a noi una giornata intensa. Nella prima mattinata un incontro al Rockefeller Center con Leo Fiorica, video maker, che lavora nel campo della comunicazione. Con lui abbiamo avuto la fortuna di confrontarci sulla comunicazione e su come sia possibile comunicare un bene. E per rimanere in tema di comunicazione nel mondo d’oggi non c’era miglior occasione di andare al MOMA e di poter conoscere tante forme di arte contemporanea.

Il pomeriggio è stato invece dedicato alla parte istituzionale. Maddalena Giungi, negoziatrice della Santa Sede di ha accolto al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite e con lei ci siamo confrontati su mediazione, compromesso e sul ruolo di questo organo così giovane. La giornata non era ancora finita perché come tutti i mercoledì a New York non si può andare ad Harlem per le prove dei cori gospel e per lo spettacolo amatoriale dell’Apollo Theater. Un esperienza di bellezza ma soprattutto di vita vera nel quartiere che ha dato vita a grandi artisti e a tanti movimenti per la pace e la libertà. Ultima tappa da Sylvia’s, storico ristorante dove dopo aver visto le foto di Obama, noto frequentatore di questa tavola calda, ci siamo precipitati a dormire perché giovedì ci aspettava la trasferta a Filadelphia.

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Indipendence Day

Il giorno dell’indipendenza degli Stati Uniti è sempre speciale. Tutti si fanno gli auguri ma soprattutto qui a NY tutti si chiedono come saranno i fuochi della notte più “calda” dell’anno. La nostra giornata è iniziata a Central Park a raccogliere voci della strada e voci di tanti artisti che si esibiscono all’ombra degli alberi e dei grattacieli. Con una bici su quei viali incredibili ti senti davvero un attore di Hollywood impegnato a girare qualche scena di amicizia o di amore. E dopo il parco un altro simbolo di NY: lo stadio di baseball degli Yankee. Uno sport ma non solo, uno stile di vita per chi in quel luogo guarda una partita ma soprattutto scambia idee e pensieri. Al termine (gli Yankee hanno perso) ci siamo incamminati per le strade del Bronx.

Abbiamo parlato con uomini e donne che si percepiscono dentro un ghetto lontano dalle luci scintillanti di Time Square. Abbiamo ascoltato e come succede in questi casi ci siamo ascoltati pensando fino a quando tutte le sensazioni sono state assorbite dalla bellezza di quei fuochi sull’Est River. Luci in cielo, luci nell’acqua e luci sui grattacieli. Tutto brillava e raccontava di un popolo fiero di essere questo popolo nonostante le tante difficoltà e le tante sfide ancora aperte. Quali le risposte? Forse lo scopriremo ma per ora come ci ricorda Einstein: “The important thing is not to stop questioning”…

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Un ufficio a Bryant Park

Finalmente iniziamo a non crollare dal sonno quando in Italia tutti vanno a dormire… Gli orari iniziano a permetterci di sentirci un pò più americani.

Che dire? New York si apre con sempre più sorprese ai nostri occhi e le tante suggestioni dei primi giorni ci richiedono un intensa riunione di redazione per la quale non possiamo che scegliere il nostro “ufficio” a Bryant Park. Le puntate che andremmo a realizzare con il tanto materiale raccolto in questi giorni iniziano a prendere forma e le idee non mancano, forse sono pure troppe per dieci giorni così intensi e carichi di avventure. Il nostro “main” ospite della giornata è Michael Castrilli, docente di Management e Business presso la Villanova University di Philadelphia e già da tempo collaboratore del governo americano a Washington.

Con lui le domande e le curiosità ci richiedono oltre un ora di girato e solo una passeggiata sulla High Line ci consente di prendere un pò di fiato… Le valigie (smarrite dall’American Airlines) ancora non sono arrivate e quindi concludiamo la nostra giornata a fare shopping da Macy, ci piace pensare che contribuiremo a sostenere i Fireworks del 4 luglio… E domani … finalmente INDIPENDENCE DAY !!! God bless America !!!

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poverta’ e’ ricchezza

Il tempo qui a New York sembra velocissimo ma allo stesso tempo le giornate sembrano vite intere. La mole di “carne” umana che si incontra per le strade ti permette di incontrare una vita e tante vite nello stesso tempo. La nostra giornata di festa è passata con chi non ha molto da festeggiare. Insieme con una high school di Boston abbiamo lavorato e servito alla Mensa della “The Bowery Mission”. Una scritta campeggia nella cucina dove piangiamo pelando cipolle: Servilo come se stessi servendo un Re. Volti di uomini segnati e di uomini in giacca che si presentano per un piatto di cibo e un bicchiere di ice the. Da quel luogo a Time Square la strada è poca ma un mondo sembra passarci davanti.

Abbiamo cercato di comprendere perché in Italia si dice che la povertà sia legata alla crisi e qui a New York tra tante luci e ricchezza possano esistere i poveri. Da dove nasce la povertà? Stiamo cercando di comprenderlo intervistando e parlandone con giovani e adulti di NYC…

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arrivati a New York

Si conclude un viaggio lungo di peripezie e di imprevisti per arrivare a New York! Ma quando le cose sembrano andare male e sembri non avere più nulla diventa tutto un dono e hai voglia di ringraziare e tornare a meravigliarti per ogni piccola cosa.

Un volo cancellato da Milano, un cambio destinazione su Dublino, l’arrivo a New York e le valigie rimaste a Milano… tutto buio fino a quando ci si sono spalancate le porte della Parrocchia di Our Lady of Pompei e degli amici di Telemater. E da quel momento sentendoci a casa tutto diventa più facile.

Il nostro primo giorno ci ha portato a incontrarci e scontrarci con la diversità, leggendo l’esperienza di Ellis Island e dei tanti migranti li giunti anche dal nostro paese in cerca di un futuro diverso ad inizio secolo. Ascoltando le loro storie, abbiamo capito qual’è il desiderio di libertà che ha guidato le persone in questa città da ogni parte del mondo nel corso della storia. Lo stesso desiderio che vorremmo che ci guidi in questi giorni alla scoperta della Grande Mela!

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#NYteens

“«Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). Ecco il progetto di Dio per gli uomini e le donne di ogni tempo e dunque anche per tutti i giovani e le giovani del III millennio, nessuno escluso.”

Si apre con questa Parola il documento preparatorio del SINODO speciale dedicato ai giovani. Ascoltare i giovani perchè sentendosi ascoltati desiderino conoscere quella gioia che nasce dal Vangelo che gli adulti possono condividere con loro.

Da questo e da tanto altro nasce #NYteens all’interno di una collaborazione tra “TeleMATER” e un Associazione Onlus Italiana di Volontariato “Sefiroth”.
#NYteens logoAbbiamo pensato a come stimolare un approccio creativo all’uso delle arti, dei media e dei nuovi mezzi di comunicazione, all’interno del percorso di crescita e maturazione di uomini e donne libere e felici. La proposta è stata fatta ad alcuni giovani Leonardo, Luca e Federico: i ragazzi
dieci giorni di lavoro e condivisione per raccogliere le voci della BIG APPLE, di chi spera e di chi soffre, di chi cerca e di chi ha trovato.  Dieci giorni di ascolto della bellezza facendo nostre le parole di Mons. Giuseppe Betori: “Siamo sempre più convinti che il linguaggio dell’arte non è semplicemente accessorio rispetto al centro dell’esperienza cristiana».

Vogliamo valorizzare in modo positivo il contributo che le arti possono dare al lavoro educativo all’interno di realtà giovanili e scolastiche e scoprire la voce dei tanti giovani e delle tante realtà di New York che proveremo a raccontarvi con lo sguardo di tre giovani studenti delle High School Italiane. Lo faremo con passione e parlare di passione da sempre evoca aspetti opposti: la passione che è amore per quello che ci coinvolge nella vita e che ci porta a fare bene il nostro lavoro, qualunque esso sia, dal meccanico al ricercatore.

E poi c’è la passione che significa sofferenza, di chi non riesce a trovare il proprio modo di esprimersi, di chi soffre senza capirne il motivo e di chi non viene compreso per la sua capacità creativa. Cercheremo con l’arte di permettere agli estremi di incontrarsi e permettere un sano dialogo tra amore e dolore, perchè l’arte non è altro che luce che esce dalle ferite della nostra vita, trasformandole in feritoie.

Siamo pronti. Tra poco inizia l’avventura e ogni giorno cercheremo di raccontarvi la nostra ricerca sulle strade di NYC.

 

Il programma del viaggio del Papa a Genova

“LANSA597195_LancioGrandea visita del Papa possa confermarci nella fede di Cristo e nello slancio missionario”. È quanto scrive l’arcivescovo di Genova, il cardinale Angelo Bagnasco, nel messaggio con cui accompagna la pubblicazione del programma diocesano riguardante la visita di Papa Francesco a Genova, il prossimo 27 maggio.

Il Papa arriverà all’aeroporto di Genova alle 8.15, accolto dal cardinale e dalle autorità civili. Subito dopo, allo stabilimento Ilva ci sarà l’incontro con il mondo del lavoro. Alle 10.00, in Cattedrale, il Papa incontra i vescovi e i religiosi della Regione Ecclesiastica Ligure. Alle 12.15, appuntamento con i giovani al Santuario di Nostra Signora della Guardia. Sempre presso il Santuario, il Papa pranzerà con i poveri, i rifugiati, i senza fissa dimora e i detenuti. Nel pomeriggio, alle 15.45, si reca all’ospedale pediatrico “Giannina Gaslini” per salutare i bambini ricoverati. Alle 17.30 presiederà la Messa per tutti i fedeli nell’area della Fiera del Mare. Il congedo è previsto per le 19.30.

Nei prossimi mesi – scrive il cardinale Bagnasco – intensificheremo la preghiera affinché il ritorno a Genova del Successore di Pietro – dopo le due visite di San Giovanni Paolo II nel 1985 e nel 1990 e di Benedetto XVI nel 2008 – lasci un segno profondo nel cuore dei genovesi”. “Ci prepariamo ad ospitare Papa Francesco con speranza e trepidazione. Possano questi eventi, che appartengono alla storia dell’Arcidiocesi e della Città – conclude il messaggio – essere semi posti nel fecondo tessuto genovese, così da portare frutti di bene per tutti”.

(Da Radio Vaticana)

Il Papa ai vescovi del Cile: annunciate la novità di Cristo

AP3868921_LancioGrandePapa Francesco ha ricevuto stamani i presuli della Conferenza Episcopale del Cile, in visita “ad Limina Apostolorum”, guidati dal loro presidente, mons. Santiago Jaime Silva Retamales. Tra i partecipanti, anche il card. Ricardo Ezzati Andrello, arcivescovo di Santiago del Cile, intervistato al termine dell’incontro col Pontefice da Giada Aquilino:

R. – Il Papa ha parlato con noi per circa tre ore e noi abbiamo dialogato con lui di tutti i problemi, con una semplicità e con un’apertura eccezionali che considero davvero un grande segno della riforma della Chiesa che vuole Papa Francesco, in senso di comunione, di sinodalità.

D. – Ci sono dei temi in particolare che sono stati toccati dal Papa e da voi?

R. – Problemi concreti di un popolo che è secolarizzato, pensando a come si evangelizza questo popolo secolarizzato; di un popolo che è governato fondamentalmente da persone che non sono credenti ma che sono aperte, con buona volontà, ad accogliere pure il messaggio della Chiesa. Abbiamo parlato di gioie e anche di sofferenze: la gioia, per esempio, di vedere una Chiesa che nel nostro Paese ha nella devozione popolare, specialmente della Madonna e dei Santi, una forza incredibile: basti pensare che la devozione alla Madonna del Carmine è presente dal deserto del Nord al freddo del Sud. Abbiamo parlato del clero, della formazione dei seminaristi, dei giovani che oggi hanno bisogno di essere ascoltati: il Papa ci ha parlato della ‘pastorale dell’orecchio’: camminare con loro ascoltandoli e annunciando la novità di Gesù Cristo. Abbiamo parlato poi di problemi sociali, dei nostri anziani e dei poveri.

D. – Eminenza, lei ha fatto cenno anche ai ‘dolori’ del vostro Paese e della Chiesa. La pedofilia, purtroppo, ha toccato anche la Chiesa cilena. E’ stato un argomento trattato?

R. – E’ stato senz’altro un argomento trattato, con molta sincerità, con la capacità – che il Papa ci ha chiesto – di essere attenti ai problemi, appunto, e alle ingiustizie che, quando si tratta soprattutto di pedofilia, sono mancanze gravissime riguardo ai diritti umani e sono anche un grave peccato davanti a Dio. Il Papa ci ha raccontato che una volta, uscendo dalla metropolitana di Buenos Aires, in una piazza affollata perché c’era una manifestazione, c’erano dei genitori con un bambino e questi genitori gridarono al piccolo: “Vieni via, perché ci sono i pedofili”. Il Papa ci rimase male, ma ora ci ha detto: “Guardate fino a che punto può arrivare una mentalità che vede il male dappertutto”. Quindi ci ha invitato a superare anche questa situazione.

D. – Tra le sfide della Chiesa oggi, in Cile, c’è anche l’attenzione alla società contemporanea: si discute molto dell’aborto, delle unioni tra persone dello stesso sesso. Qual è la via della Chiesa?

R. – E’ stato toccato anche questo tema, con il Santo Padre. Lui ci ha ricordato l’Esortazione apostolica “Amoris Laetitia”, frutto del Sinodo e anche dell’intervento diretto del Santo Padre. Io ho avuto l’occasione di partecipare alle due sessioni del Sinodo, con l’apporto personale del Papa, l’attenzione al capitolo IV di “Amoris Laetitia”, e poi tutto il capitolo sull’educazione dei figli. E oggi è tornato a dirci che il capitolo fondamentale è il IV, ma poi abbiamo analizzato anche gli altri capitoli. Noi stiamo lavorando molto sulla famiglia; sappiamo che l’ambiente culturale è avverso; sappiamo quanto incida la ‘dottrina del genere’ e quanto influisca anche sulla vita concreta il tema del matrimonio e il tema della vita. Abbiamo lavorato e stiamo lavorando fortemente su questo.

D. – Si parla anche della questione dei Mapuche…

R. – Sono convinto che il popolo Mapuche abbia tutte le qualità e le possibilità per poter dialogare con lo Stato cileno: è un popolo maturo, che ha convinzioni profonde, che ha formazione profonda. Al presidente della Repubblica è stato presentato un documento, un mese fa. A capo dell’équipe di riflessione c’era il vescovo di Temuco. Come all’epoca dello sciopero della fame dei gruppi dissidenti c’era stato l’arcivescovo di Concepción – che allora ero io – adesso il vescovo di Temuco è a capo di tutto questo. Ciò significa anche una certa fiducia: anche se lo Stato di per sé è uno Stato laicista, comunque ha una certa fiducia in noi, anche se ci critica, poi alla fine viene a cercarci. E credo che questa sia un’opera molto bella della Chiesa.

D. – Un auspicio della Chiesa cilena per il futuro del Paese, a oltre 40 anni dai fatti del regime Pinochet…

R. – Possiamo camminare decisamente sulla via della riconciliazione profonda. La riconciliazione non dimentica i fatti: dimenticare sarebbe dimenticare la storia che è maestra di vita. Ma la riconciliazione significa andare anche più in là dei fatti e quindi io credo che i valori e il messaggio del Vangelo ci invitino a riconoscere le situazioni, soprattutto la mancanze riguardo ai diritti umani che hanno fatto un danno grandissimo e continuano a farlo, ancora dopo 40 anni. Ma significa anche volontà del perdono nella coscienza che quello che si perdona è gratuito: il perdono è sempre gratuito. Unire quindi la verità con una strada nuova di costruzione del futuro.

(Da Radio Vaticana)