Zollner: Papa incontra vittime italiane abusi, si rafforza impegno Chiesa

i consolida l’impegno della Chiesa per la protezione dei minori contro ogni forma di abuso. La Plenaria della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori ha concluso ieri una riunione di lavoro tenutasi in Vaticano, iniziata il 5 settembre. Tra i temi forti trattati dai membri dell’organismo voluto da Papa Francesco: l’istituzione di una giornata di preghiera per le vittime, la realizzazione di un modello guida per le Conferenze episcopali e la pubblicazione di un sito web della Commissione. Durante le sessioni di lavoro si è inoltre messo l’accento sull’importanza del documento papale “Come una madre amorevole” che sottolinea la responsabilità dei vescovi, sull’impegno per l’educazione e ancora sui numerosi incontri svoltosi in più parti del mondo da parte di membri della Commissione. Al microfono di Alessandro Gisotti la riflessione di padre Hans Zollner, membro della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori:

R. – Penso che abbiamo condiviso tantissime attività, che abbiamo svolto all’interno dei gruppi di lavoro. Io penso che si possa dire che, in questi ultimi mesi, almeno 70-80 incontri si sono svolti nelle parti più diverse del mondo: dall’Europa all’America, sino all’Oceania. Abbiamo visto come ora in molte parti del mondo, in cui finora non si parlava del tema dell’abuso e della sua prevenzione, si stiano muovendo molto persone all’interno della Chiesa e anche fuori; e che la Chiesa in queste zone – a volte – è veramente la parte più attiva e più importante proprio grazie al sistema delle scuole cattoliche, grazie a tutto il sistema educativo e al lavoro con i giovani e le famiglie. Per cui siamo stati molto contenti di poter condividere le tante attività che sono state svolte e che ormai– a mio parere – indicano una certa di presa di coscienza a livello universale.

D. – Sta crescendo la cultura proprio della tutela, di questa presa di coscienza sempre più profonda?

R. – Una delle esperienze e anche delle riflessioni è stata questa: dobbiamo muoverci sui vari livelli e in vari ambiti. Questa volta abbiamo parlato delle linee-guida e di un modello, di un formato, che vogliamo sottoporre all’attenzione del Santo Padre, che potrebbe funzionare come ispirazione per le Conferenze episcopali per migliore ancora di più o per lavorare in alcuni ambiti in cui le loro linee-guida non sono state sviluppate sufficientemente. L’altro ambito è quello della preghiera, dell’attenzione all’assistenza spirituale alle vittime, per coloro che vogliono ricevere questo aiuto o che a volte si aspettano anche questo aiuto. Abbiamo saputo che il Santo Padre ha reagito – dopo la consegna della nostra proposta, avvenuta qualche mese fa – con una giornata di preghiera per le vittime di abuso. E’ stata inviata una lettera alle Conferenze episcopali, dichiarando questa necessità di pensarci e di fare una proposta: quello che è avvenuto, a seguito di questa lettera, è la richiesta che le rispettive Conferenze episcopali si mettano a lavorare, laddove questo non sia stato ancora fatto, in modo da poter proporre una data e anche una forma per quella Chiesa locale per cui sono responsabili. In questa settimana avremo anche la possibilità di incontrare i nuovi vescovi nominati, sia per le terre di missione – e quindi i vescovi che appartengono a Propaganda Fide, alla Congregazione per l’evangelizzazione dei popolisia quelli che sono sotto la giurisdizione della Congregazione per i vescovi. Quindi abbiamo l’opportunità di poter parlare con ai nuovi pastori delle Chiese locali – il cardinale O’Malley, la vittima di abuso Marie Collins ed io – trasmettendo loro un messaggio pensiamo consistente. Siamo molto lieti che per la prima volta siamo stati invitati.

D. – Sappiamo quanto Papa Francesco abbia a cuore la tutela dei minori, proseguendo un lavoro grande iniziato dal suo predecessore in particolare. C’è stata un’occasione di incontro con il Papa in questi giorni?

R. – La Commissione non ha incontrato il Santo Padre, ma ho saputo che due vittime di abuso in Italia hanno avuto un incontro con il Santo Padre, all’interno dell’Udienza per l’Anno Giubilare, sabato scorso, nel corso del quale gli hanno consegnato due libri, che sono stati pubblicati in italiano in questo anno: “Giulia e il lupo” e l’altro “Vorrei risorgere dalle mie ferite”. Il primo è sull’esperienza di una giovane abusata da un sacerdote in Italia: e questo è il primo libro in Italia, in italiano e su una esperienza in Italia. L’altro libro è sulle donne consacrate, che vengono abusate da sacerdoti. Il Papa – da quello che mi hanno detto queste due signore – è stato molto impressionato e ha chiesto di poter seguire anche questa vicenda. Quindi io penso, da quello che abbiamo saputo e visto in questi anni – da quando c’è Papa Francesco, come anche Papa Benedetto – che i Papi hanno una grande attenzione personale, molto empatica e molto vicina, alle persone in grandi difficoltà e anche verso coloro che hanno subito un abuso sessuale da parte di un membro del clero.

(Da Radio Vaticana)

Dileggiata e offesa per le sue canzoni su Dio, scrive un’autentica dichiarazione d’amore

screen-shot-2016-09-12-at-5-02-25-pmI.N.R.I : Su queste iniziali ho scritto: ‘Io non ritorno indietro’. Questa canzone, è la mia dichiarazione di amore a Gesù, esprime il mio desiderio di abbracciare il suo stile, il suo messaggio. Io non ritorno indietro è la sua frase, è stato il suo modo di vivere. Gesù sapeva che l’avrebbero ammazzato, ma non è tornato indietro. Sapeva che l’avrebbero tradito, ma non è tornato indietro. Conosceva tutti i mali, di tutti gli uomini, di tutti tempi, ma non è tornato indietro. Conosceva tutte le offese che gli avrebbero fatto , ma non è tornato indietro. È andato fino in fondo, fino alla croce, ci è andato davvero con tutte e due le mani, e tutti e due i piedi, e non uno su e uno giù ..si è fatto squarciare il cuore e non è tornato indietro da un amore cosi grande. Nella canzone dico: ‘da un amore gigante così, io non posso tornare indietro.’ Dopo aver incontrato l’amore di Dio e avere visto come ci ama, quanto ci ama, a che livello ci ama, non è possibile tornare indietro. Non si può tornare indietro nelle scelte, nella fede, anche se ci sono momenti di aridità, non è più possibile fare a meno di lui, non è possibile far finta che non esista. ‘Ad un amore gigante così, io resto appesa e non scendo.’ Come Gesù non è sceso dalla croce, neanche io scendo da questo amore , non voglio scendere da questa scelta di vivere con lui, servendolo e amandolo.

Questa canzone nasce dopo un periodo in cui venivo spesso presa di mira, insultata e calunniata, soprattutto da alcune persone nell’ambiente discografico. Mi prendevano in giro perché nelle mie canzoni parlo di Dio. Ho letto su Facebook i loro commenti, anzi, mi hanno voluto far leggere i loro commenti, le loro derisioni, con l’intenzione di farmi del male. In quel momento non sono riuscita a difendermi e mi sono sentita distrutta. Così ho pensato, cosa farebbe Gesù al mio posto? Li perdonerebbe ..ma come è possibile perdonare sempre? Così, davanti a quei commenti offensivi, ho chiesto a Dio la forza di perdonare. Gli ho detto: vieni Tu a perdonare queste persone in me, perdonale Tu, in me. Per me. Con me. Subito ho sentito una grandissima pace, una grandissima serenità e sono arrivati i primi versi della canzone: ‘ha senso solo così..perdonando sempre tutto…ha senso solo così..amando fino in fondo.’. Ho sentito come se Gesù mi dicesse: “ non pensare a come fermarli, a come difenderti, ha senso solo così, perdonando proprio tutto…”.

Ha senso solo così la vita, se vuoi sconfiggere il male davvero, puoi fare solo così, essere umile, mettere tutto nelle mani di Dio, e dire : io non mi presto, non presto la mia lingua, le mie mani, i miei piedi, la mia testa a fare del male, a portare rancore, a provare sentimenti di vendetta ..io non mi presto.. è l’unico modo per fare trionfare l’amore. Ha senso solo così, perdonando proprio tutto, senza riserve, senza calcoli, senza ‘se’ e senza ‘ma’. Ha senso solo così, amando fino in fondo. ‘Io non posso tornare indietro difronte ad un amore gigante così’.

Ha senso solo così, rischiando tutto. È l’unico modo per vivere pienamente la vita, rischiare tutto! Anche nelle amicizie, nelle relazioni, rischia tutto! Gesù non si è tenuto qualcosa per se. Non è andato in croce con una mano si e una no, lui ha dato tutto. ‘Soprattutto quando hai il buio addosso, ecco, quando c’è il buio noi tendiamo a scappare, invece è proprio quello il momento in cui si deve andare avanti a muso duro. Nel momento della vulnerabilità, in cui può mancare la lucidità, è importante andare avanti con questa consapevolezza, è importante decidere di andare avanti, continuare fino in fondo, nonostante il buio. Fino in fondo.

‘E questa è la natura del vero amore, l’operare da Dio, la fermezza, il non ritirarsi mai’. Questa frase per me racchiude tutto il senso della canzone. Ero arrivata ad un punto, in cui desideravo aggiungere qualcosa, ma non sapevo bene cosa. E poi mi è capitato tra le mani questo pensiero, tratto dagli scritti sulla divina volontà della Luisa Piccarreta. Ho trovato in questa frase tutto quello che avevo cercato di esprimere nel testo. Che cos’è l’amore? In che cosa consiste imitare Dio nell’amore? La mia risposta è questa: Seguire Gesù in questo amore gigante, significa scegliere a costo di qualunque sacrificio, di NON TORNARE INDIETRO.

A cura di Costanza D’Ardia

Pronti per la GMG di Cracovia? Vi abbiamo riservato una sorpresa speciale

Screen shot 2016-07-26 at 1.12.00 PMLa GMG di Cracovia, in Polonia (la bella terra di San Giovanni Paolo IIche delle Giornate Mondiali della Gioventù è un po’ il santo patrono), è alle porte. I ragazzi di migliaia di parrocchie da tutto il mondo si stanno preparando per quello che è un grande viaggio nella fede. Non solo un viaggio cari ragazzi, ma una esperienza di condivisione, di preghiera, di umana bellezza. E’ anche una occasione per la nascita di grandi amori, tanti matrimoni sono il frutto della GMG che – per certi aspetti – si può considerare “l’Erasmus della fede“. Anche Aleteia è pronta, seguiremo gli eventi con attenzione, con video, foto, reportage e la nostra nuova edizione in Polacco (si anche la famiglia di Aleteia cresce…), ma non ci basta, vogliamo, desideriamo, ricerchiamo anche l’aiuto di chi si troverà gomito a gomito nei gruppi di preghiera, nelle serate festanti lì a Cracovia. Abbiamo bisogno di voi: animatori, sacerdoti, ragazze e ragazzi che siete lì, al centro dell’azione. Ecco perché abbiamo deciso di dare un premio alla migliore foto e al miglior video ripreso e condiviso attraverso i social da chi si troverà a Cracovia. I vincitori di questo piccolo concorso riceveranno un riconoscimento e un viaggio premio a Roma!

COME SI PARTECIPA?

I partecipanti al concorso dovranno solamente riprendere le foto o i video di qualche momento della preparazione e svolgimento di queste Giornate accolte in Polonia, e condividerli nelle reti sociali con l’hashtag#KrakowToRome.

In palio ci sono due premi: uno per la categoria foto ed uno per la categoria video. In entrambi i casi verranno scelti i finalisti tra le  cinque foto e i cinque video più condivisi attraverso le reti sociali.

Tra questi cinque finalisti di ogni categoria (foto e video) saranno scelti i due vincitori da una giuria internazionale, presieduta per la categoria foto dal pluripremiato fotografo, Wojciech Grzędziński, e per la categoria video dal famoso regista cinematografico Patryk Vega.

Le foto e i video potranno riprendere momenti sia della preparazione delleGiornate Mondiale della Gioventù, che si svolgerà in tutte le diocesi della Polonia a partire del 18 luglio sia dei giorni conclusivi, che avranno luogo ia Cracovia, dal 25 al 31 luglio, con la partecipazione di Papa Francesco. I candidati per partecipare al concorso potranno inviare le loro proposte entro e non oltre il 10 agosto 2016.

Queste sono le reti sociali attraverso le quali è possibile presentare le foto e video candidati a vincere il concorso:

  • Facebook: aggiungendo alla foto o al video il tag o la menzione AleteiaPL
  • Twitter: pubblicando la foto o il video con il hashtag #KrakowToRome
  • Instagram: Publicando la foto con il hashtag #KrakowToRome
  • Youtube: Facendo attenzione a inserire la menzione KrakowToRome nel titolo del video.

Francesco: Gmg sia segno di armonia e misericordia per il mondo

RV17623_LancioGrandeUn mosaico di volti, di lingue e popoli diversi per offrire un segno di armonia e misericordia. Papa Francesco definisce così l’imminente Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia, in un videomessaggio indirizzato alla Polonia. Il Pontefice ricorda la figura di San Giovanni Paolo II, artefice delle Gmg, e ringrazia la Chiesa polacca per aver attraversato tante prove andando sempre avanti con la forza della fede. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Cari giovani so che da tempo vi state preparando alla Gmg, “soprattutto con la preghiera”, vi ringrazio “per tutto quello che fate” e “per l’amore con cui lo fate”. In un videomessaggio Papa Francesco esprime tutta la sua gioia e trepidazione per l’incontro con la gioventù di tutto il mondo a Cracovia.

Gmg nel segno della Misericordia e nella memoria di Karol Wojtyla
Un’occasione, osserva, che gli offrirà anche “la felice occasione per incontrare la cara nazione polacca”:

“Tutto sarà nel segno della Misericordia, in questo Anno Giubilare, e nella memoria grata e devota di San Giovanni Paolo II, che è stato l’artefice delle Giornate Mondiali della Gioventù, ed è stato la guida del popolo polacco nel suo recete cammino storico verso la libertà”.

Francesco si rivolge direttamente ai giovani che da ogni Paese stanno per arrivare a Cracovia. Il Papa benedice i Paesi di provenienza dei ragazzi e auspica che il cammino verso la Gmg sia “un pellegrinaggio di fede e di fraternità”.

Gmg sia mosaico di volti e culture, popoli e razze, uniti da Gesù
Un pellegrinaggio, soggiunge, in cui possano già sperimentare il tema della Giornata: “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia”:

“Ho un grande desiderio di incontrarvi, per offrire al mondo un nuovo segno di armonia, un mosaico di volti diversi, di tante razze, lingue, popoli e culture, ma tutti uniti nel nome di Gesù che è il Volto della Misericordia”.

Il Papa si rivolge dunque alla nazione polacca e subito afferma che è un “grande dono” per lui visitare la Polonia, perché, afferma, “siete un popolo che nella sua storia ha attraversato tante prove, alcune molto dure, ed è andato avanti con la forza della fede, sostenuto dalla mano materna della Vergine Maria”.

Polonia metta al centro la famiglia, come indicava Giovanni Paolo II
Quindi, confida la sua gioia per il pellegrinaggio che compirà al Santuario mariano di Czestochowa, per un’ “immersione di fede” che, dice, gli farà “tanto bene”:

“Ringrazio i vescovi e i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i fedeli laici, specialmente le famiglie, alle quali porto idealmente l’Esortazione apostolica post-sinodale Amoris Laetitia. La ‘salute’ morale e spirituale di una nazione si vede dalle sue famiglie: per questo San Giovanni Paolo II aveva tanto a cuore i fidanzati, i giovani sposi e le famiglie. Continuate su questa strada”.

(Da Radio Vaticana)

Gmg: oltre un milione e mezzo i giovani attesi a Cracovia

RV17714_LancioGrandeLa Messa al Santuario della Madonna nera di Jasna Gora, la visita ai campi di concentramento nazisti di Auschwitz e Birkenau, il passaggio della Porta Santa nel Santuario della Divina Misericordia a Cracovia, tra le tappe principali del prossimo viaggio apostolico di Papa Francesco in Polonia, dal 27 al 31 luglio, in occasione della XXXI Giornata mondiale della Gioventù. L’incontro con i giovani, provenienti da tutto il mondo, vedrà tre momenti: l’accoglienza, la veglia e la Messa. I particolari del programma sono stati illustrati ai giornalisti da padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana. Adriana Masotti:

Scopo principale, ma non unico di questo viaggio, sottolinea subito padre Lombardi, è la Giornata mondiale della Gioventù. L’altro obiettivo è far visita, per Francesco è la prima volta, alla Polonia come spiega p. Lombardi:

“Questo viaggio è anche un viaggio a Cracovia, quindi in Polonia, e ci sono degli eventi e delle circostanze che non sono strettamente legati alla Gmg, ma piuttosto alla Polonia, alle sue circostanze e ai luoghi che il Papa visiterà, anche distinti da Cracovia, e in particolare Czestochowa e Auschwitz”.

Si tratta del 15.mo viaggio di Papa Francesco ed è il 23.mo Paese che visita. Non è invece la prima volta che la Polonia ospita la Gmg. Nel 1991 infatti si era tenuta a Czestochowa. Tema quest’anno, nell’ambito del Giubileo, “Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia”. Il Papa toccherà luoghi come Cracovia fondamentali per la rivelazione del Dio della Misericordia. Tutti i suoi discorsi saranno in italiano, tranne uno in spagnolo.

Padre Lombardi espone il programma soffermandosi a lungo con i giornalisti sull’intenso rapporto che legava San Giovanni Paolo II e i luoghi che anche Francesco visiterà come la Cattedrale di Cracovia e il Santuario di Czestochowa, densi di storia e simboli della nazione come la nota immagine della Madonna Nera. La terza giornata del viaggio, venerdì 29 luglio, sarà dedicata alla visita ai campi di concentramento nazisti in territorio polacco, Auschwitz a circa 30 chilometri da Cracovia e poco distante, Birkenau. Padre Lombardi:

“Ricordiamo che naturalmente anche altri due Papi sono stati in questi luoghi. Giovanni Paolo II, nel ’79, durante il primo viaggio in Polonia, celebrò una Messa vicino ad Auschwitz, e quindi il suo intervento fu una omelia della Messa. Poi Benedetto XVI invece, come ricorderete – perché più vicino – il 28 maggio del 2006 visitò sia il campo di Aushwitz 1 sia Birkenau (Aushwitz 2), e fece un grande discorso, che non era nel contesto liturgico. Una forma, quindi, differente. Francesco, come ci ha detto, come ci ha spiegato, non dice parole: fa il silenzio di dolore, di compassione e le lacrime”.

Una scelta questa molto apprezzata dal Rabbino capo della Polonia. Altra tappa del Papa sarà, il giorno dopo, il convento a Cracovia dove viveva ed è sepolta Santa Faustina Kowalska a cui si deve la devozione della Divina Misericordia e poi il Santuario di San Giovanni Paolo II dove, di sera, nell’adiacente Campus Misericordiae, si terrà la veglia con i giovani e infine, la domenica mattina, momento culmine della Gmg, la Messa.

Riguardo al tema della sicurezza padre Lombardi dice ai giornalisti che non ci sono problemi particolari, non risulta che gruppi si siano ritirati, e che il clima generale in Polonia in vista della presenza del Papa è di grande normalità e tranquillità. 800 i vescovi che saranno presenti, oltre un milione e mezzo i giovani attesi: i particolari li snocciola mons. Pawel Rytel-Andrianik,portavoce della Conferenza episcopale polacca:

“Come sappiamo, di solito, vengono più persone di quelle che si sono iscritte. Quando si sono chiuse le iscrizioni eravamo a 335.437 persone. I primi iscritti dalla Spagna e poi dagli altri Paesi… Però, come organizzazione, si aspetta che il Santo Padre incontrerà nel Campus Misericordiae tra il milione e mezzo e il milione e 800 mila giovani. Poi a Czestochowa potrebbero essere tra i 300 e i 500 mila, in maggioranza polacchi, che celebrano i 1050 anni del Battesimo della Polonia. Questi sono i numeri. Poi riguardo ai Paesi che verranno, qui vediamo che nella maggioranza sono dalla Polonia, poi Italia, Francia, Spagna, Stati Uniti, Germania, Brasile, Ucraina e il Portogallo”.

(Da Radio Vaticana)

Carmen e quel pane spezzato con i poveri nelle baracche di Madrid

Screen shot 2016-07-26 at 1.07.10 PM“Vi do una grande notizia: oggi, alle 16,45, la nostra sorella Carmen è partita per il Cielo. È certo che Nostro Signore Gesù è venuto a prendere la sua anima per portarla con sé”.

Inizia così la breve lettera con la quale Kiko Argüello ha voluto annunciare la morte di Carmen Hernández assieme alla quale, negli anni sessanta, ha dato vita all’esperienza del Cammino Neocatecumenale, una delle realtà più vivaci e diffuse tra quelle sorte dopo il Concilio Vaticano II. In poche ore la lettera ha fatto il giro del mondo, condivisa attraverso email, cellulari e social network tra i tanti appartenenti al Cammino sparsi in tutto il mondo che, da un anno a questa parte, seguivano con preoccupazione l’evolversi della malattia e il progressivo peggioramento dello stato di salute dell’iniziatrice spagnola.

Carmen Hernández è morta all’età di 85 anni nella sua casa di Madrid, nell’ottava della festa della Madonna del Carmelo, circondata dall’affetto delle persone che l’assistevano in questo periodo di malattia, raggiunta da Kiko (il tempo di darle un “bacetto” e dirle “coraggio”, afferma nella sua lettera) e sostenuta dalle preghiere di più di un milione tra fedeli, sacerdoti e vescovi che l’hanno conosciuta. A salutarla prima di morire anche Papa Francesco: il primo luglio, durante l’udienza privata concessa a Kiko Argüello e Mario Pezzi, Carmen ha avuto modo di parlare al telefono col Santo Padre che in un simpatico scambio di battute la incoraggiò augurandosi di poterla incontrare presto.

L’infanzia, gli studi e il sogno delle missioni

María del Carmen Hernández Barreda nacque il 24 novembre del 1930 a Olvega, un piccolo comune in provincia di Soria, nella regione di Castilla y León.  Presto la sua numerosa famiglia, si trasferì a Tudela (Navarra) dove Carmen passò gran parte della sua giovinezza. Frequentò la scuola dalle suore della Compagnia di Maria dove fin da piccola subì il fascino delle missioni. Accanto alla sua scuola c’era il collegio dei Gesuiti “San Francisco Javier”: Carmen e le sue compagne assistevano al via vai di missionari che andavano e venivano dal lontano Oriente: Giappone, India, Cina… i racconti dei missionari, i filmati e le immagini di quei paesi lontani suscitarono in lei il desiderio di partire per evangelizzare i popoli più lontani; lei stessa racconterà: “Fin da piccola sentivo la chiamata di Dio a partire per le missioni (…). Prima di conoscere San Paolo conobbi San Francesco Saverio che per me rappresentava l’ideale di cristianesimo, il mio ideale era andare in missione e, non so perché, pensavo sempre all’India”. Quando Carmen aveva 15 anni la famiglia si trasferì nuovamente, questa volta nella capitale Madrid. Il sogno delle missioni non si spense e, finita la scuola dell’obbligo, la giovane manifestò la seria intenzione di partire per l’India con la Bibbia regalatagli da un sacerdote, che conservava come un tesoro. Il padre si oppose fermamente obbligandola a iscriversi all’università per prepararsi ad un futuro da imprenditrice nel campo industriale.

La fuga e la formazione: verso l’India

A 21 anni Carmen, ottenuta la laurea in chimica, era pronta per aiutare il padre a gestire il lavoro delle sue fabbriche. Ma un giorno fuggì da quel luogo per rifugiarsi a Javier, la città natale di San Francesco Saverio, lontano dalle fabbriche, dove si respirava un’aria diversa e dove si viveva l’entusiasmo delle missioni che in quegli anni crescevano sempre più, verso l’Africa e l’Asia. Il Signore stava confermando la sua vocazione, una voce la chiamava: “Vieni e seguimi”, Dio la chiamava a “buttarsi” con Lui in una nuova avventura. Entrò a far parte dell’istituto “Missioni di Cristo Gesù” che viveva un momento di grande fervore e slancio missionario e si preparò per le missioni finché non fu finalmente destinata all’India.

La notte oscura: un’inspiegabile decisione…

In seguito ad alcuni cambiamenti ai vertici dell’Istituto e ad una presa di posizione più conservatrice rispetto alle aperture carismatiche che lo caratterizzavano, dopo otto anni dal suo ingresso, Carmen assieme ad altre sorelle venne invitata dalle superiore a lasciare la comunità. Si trovava a Barcellona, in scalo, nel viaggio verso l’India, quando una lettera sembrò frantumare i sogni, oramai quasi realizzati, della sua giovinezza. “Fu per me vivere una kenosis – racconta. A Barcellona il Signore mi fece partecipare della Passione di Cristo”. La difficoltà nel capire cosa stava succedendo e di vedere frustrata ciò che considerava la sua vocazione, la fece soffrire fino alle lacrime, mentre contemplava il Cristo che moriva in croce fuori da ogni logica umana. Era il 1962, in quell’anno doloroso Carmen trovò il sostegno del vescovo di Valencia e la consolazione della Grazia che le permise di soffrire senza disperarsi ma appoggiandosi alla croce di Cristo: “Anche se sembra strano – racconterà in seguito – fu un’esperienza straordinaria, non avevo mai sperimentato così tanto la presenza di Dio come su quella croce”. Furono mesi di tribolazioni e di preghiere finché Carmen fu costretta ad abbandonare l’istituto. Fu a Barcellona che Carmen conobbe il liturgista Pedro Farnés Scherer, che la introdusse al cuore del movimento liturgico che già anticipava il rinnovamento del Concilio Vaticano II.

“Sono rotti i miei legami… Guadagnerò il mio regno!”

Lasciato l’istituto Carmen andò a vivere nelle baracche di Barcellona e a lavorare nelle fabbriche per guadagnarsi da vivere. Poi partì per Israele, un tempo di grazia dove poté scrutare le Scritture peregrinando in Terra Santa, approfondendo la storia della Salvezza e il mistero di Cristo. Risale a quel periodo una cartolina che spedì a una missionaria di Pamplona dove Carmen faceva sue le parole del poeta indiano Tagore, parole che esprimono la gioia di chi si sente ormai libero di partire, senza legami, verso i luoghi più remoti, per affrontare nuove battaglie: “Sono rotti i miei legami, pagati i miei debiti, le mie porte spalancate, me ne vado da ogni parte” e ancora: “Essi, accovacciati nel loro angolo continuano a tessere la tela delle loro ore, e mi chiamano affinché li segua. Ma già la mia spada è forgiata, già ho messo l’armatura, il mio cavallo è impaziente: guadagnerò il mio Regno”! Queste parole furono in seguito musicate da Kiko per i giovani (il canto “Carmen ‘63”) come un incoraggiamento a partire per l’evangelizzazione dove fosse necessario. Ora Carmen pensava anche all’America Latina, ai minatori della Bolivia; ma nel frattempo, assieme ad alcune amiche, arrivò a Madrid dove un incontro inaspettato segnò la svolta nella sua vita.

L’incontro con Kiko nelle baracche di Madrid, la comunità dei poveri.

Nel frattempo Francisco Argüello, detto Kiko, aveva lasciato la casa paterna, le belle arti e i salotti borghesi di Madrid per “vivere ai piedi di Gesù come Charles di Foucauld”. Dopo una grande crisi esistenziale Kiko aveva trovato il suo posto nelle baracche di Palomeras Altas, con la chitarra, la Bibbia e un crocifisso in tasca. Qui incontrò Carmen, come racconta nel libro Il kerigma nelle baracche coi poveri (san Paolo 2013): “Dio ha voluto che in quell’ambiente incontrassi Carmen, una sorella missionaria che (…) aveva avuto contatti con l’arcivescovo Manrique per andare anche ad Oruro (Bolivia) tra i minatori. Ci siamo incontrati attraverso sua sorella, che conoscevo perché faceva parte del gruppo con cui cercavamo di aiutare le prostitute e i drogati prima che andassi con i poveri. Carmen era venuta alle baracche. Conobbe il gruppo  che si radunava nella mia baracca, rimase molto impressionata e da allora si fece una baracca (…) non molto lontano da dove ero io, e viveva lì con una sua amica” (p. 56). Cominciò un cammino di evangelizzazione tra igitanos, le prostitute e i poveri delle baracche. Carmen portò a Kiko le novità del Concilio Vaticano II; nelle Palomeras celebravano la liturgia della Parola assieme ai poveri, cantavano i salmi, leggevano la bibbia…In quel luogo dimenticato da tutti stava sorgendo un piccolo miracolo: una comunità cristiana che si riuniva nel nome di Gesù, attorno alla sua Parola e che rendeva visibile l’amore nella dimensione della Croce. L’annuncio del kerigma si andò “raffinando” sino a raggiungere una “sintesi” che richiamava l’attenzione di altri poveri, di altre persone lontane dalla fede, ma anche l’attenzione dell’Arcivescovo di Madrid, mons. Casimiro Morcillo, che visitò la baraccopoli e confermò l’operato di questi due missionari di frontiera concedendo loro la possibilità di celebrare l’Eucaristia coi poveri delle baracche in una chiesa vicina. L’arrivo dell’arcivescovo convinse definitivamente Carmen – fino a quel momento scettica – ad unirsi all’opera di Kiko sostenendolo e aiutandolo.

Il Cammino Neocatecumenale come itinerario post-battesimale

L’esperienza delle baracche portò alla nascita di un itinerario post-battesimale che si pose al servizio delle diocesi per riscoprire i doni del Battesimo ripercorrendo le tappe dell’antico catecumenato (da qui il nome Neo-catecumenato). Nel 1967 nacque la prima comunità neocatecumenale a Zamora, nella parrocchia di San Frontis. Nel 1968 Kiko e Carmen arrivarono a Roma dove iniziarono le prime catechesi nella parrocchia dei Santi Martiri Canadesi. Nel corso degli anni il Cammino si è diffuso in più di 125 paesi e oggi conta con circa un milione e mezzo di fedeli in tutto il mondo. Verso la fine degli anni ottanta sorsero le “Famiglie in Missione”, i Seminari Missionari “Redemptoris Mater” e più recentemente le “Missio ad Gentes“: gruppi di famiglie che partono verso i luoghi e i paesi più scristianizzati per una nuovo tipo di missione, una forma di implantatio ecclesiae in mezzo ai nuovi pagani. Nel 2002 la Santa Sede approvò gli Statuti ad experimentum; nel 2008 fu approvato lo statuto definitivo.

Senza di lei il Cammino non sarebbe esistito

Carmen Hernández ebbe un ruolo fondamentale nella storia del Cammino: fu donna di constante preghiera (sempre affascinata dalla profondità dei salmi, dell’Ufficio divino come preghiera privilegiata di tutta la Chiesa); caratterizzata da un carattere duro e schietto, Carmen fuggiva le telecamere e i giornalisti; aveva l’abitudine di dire le verità più scomode in faccia, senza “peli sulla lingua”, senza giri di parole, ma non senza carità; un particolare “servizio” col quale spesso “sferzava” Kiko a cui ricordava sempre la centralità del Concilio e dell’opera di Dio sopra a tutte le opere umane. “Non sopporto questo artista, come fate a sopportarlo?” diceva spesso ai giovani. E anche: “Non seguite Kiko, seguite Cristo, non siete los kikos“, “l’inferno è pieno di grandi predicatori come lui”! Questi due “compagni di evangelizzazione” si sono completati a vicenda come due facce della stessa medaglia, entrambi caratterizzati da caratteri forti ma molto diversi (forse opposti) ma che seppero lavorare assieme per molti anni per il bene della Chiesa e della nuova evangelizzazione.

Tra i temi che Carmen amava affrontare nelle sue catechesi, la grandezza di Dio e la magnificenza del suo creato (con riferimenti alla fisica, all’astronomia e alla chimica), l’importanza della donna nel piano salvifico di Dio (il demonio la combatte dalla Genesi all’Apocalisse perché porta in se la “fabbrica della vita”) e il mistero Pasquale della morte e risurrezione di Gesù Cristo come centro e culmine del messaggio cristiano e della vita ecclesiale. Carmen fu sempre unita in modo particolare ai Papi e al loro magistero: prima di tutto la fedeltà a Pietro, che è fedeltà a Cristo ed alla sua Chiesa.

Così oggi – con “l’anima addolorata” – la ricorda Kiko nella sua lettera, sottolineando che senza il suo contributo il Cammino non sarebbe esistito: “Carmen, che grande aiuto per il Cammino! Mai mi ha adulato, sempre pensando al bene della Chiesa. Che donna forte! Non ho mai conosciuto nessuno come lei (…). Carmen è stata per me un avvenimento meraviglioso: la donna, il suo genio grande, il suo carisma, il suo amore per il Papa e, soprattutto, il suo amore alla Chiesa”.

Nel 2015 la Catholic University of America le conferì – assieme a Kiko Argüello – la laurea Honoris Causa in Teologia per il suo “contributo fondamentale alla formazione della sintesi teologico-catechetica del Cammino: senza la sua conoscenza esistenziale e profonda della Scrittura, del rinnovamento del Concilio Vaticano II e della storia della Chiesa non sarebbe stato possibile creare questo itinerario di iniziazione cristiana”.

La toccante conversione di una ragazza libanese

Screen shot 2016-07-26 at 1.05.15 PMLei era una bambina di sette anni, mentre Lui esiste fin da prima dell’inizio della storia. Lei lo amava fin dalla nascita, guardando le storie su di Lui in televisione, soprattutto in occasioni speciali, ma non Lo conosceva visto che nessuno di coloro che la circondavano Lo conosceva. Le persone intorno a lei rifiutavano di conoscerlo o riconoscerlo.

Lei è cresciuta, e Lui è rientrato nella sua vita senza permesso. Lei Lo ha tradito molto, ma Lui l’ha perdonata ogni volta, e lei Lo ha adorato ancor di più. Quando i suoi familiari hanno saputo della sua storia d’amore l’hanno rifiutata e condannata, ma lei ha insistito a indossare l’abito bianco per Lui per essere la Sua sposa ed è diventata la figlia di Dio e il tempio dello Spirito Santo.

Questa è la mia storia. Sono Yasmin Amin Baydawi, una donna libanese sunnita, e Lui è il mio amore, il mio amico, il mio signore, il mio salvatore, il mio Gesù. Com’è iniziata la mia storia, chi sono gli eroi e cos’è cambiato dentro di me?

La mia storia è iniziata quando ho deciso di rifiutare la dottrina dei miei genitori e l’ambiente a cui appartenevo. Ho iniziato a porre a mio padre e a mia madre domande sulla loro religione, ma le loro risposte non erano sufficienti. Ho chiesto loro di essere iscritta a lezioni di religione, visto che nella mia scuola era decisamente proibito parlare di religione, dato che tutti gli studenti erano musulmani.

Sono andata due volte a quelle lezioni, ma lo sceicco era infastidito dalle domande di una 14enne su poligamia, divorzio, status delle donne nell’islam, ecc. Preferisco non parlare delle sue risposte, che mi hanno fatto capire che non appartenevo a quel posto. E allora è iniziato il mio viaggio. Credevo nella presenza di Dio, ma Lo stavo cercando senza trovarlo. Il mio Dio è diverso dal loro, e per anni ho vissuto un conflitto interiore.

A 23 anni ho incontrato un cristiano per la prima volta nella mia vita. Mi ha regalato una Bibbia e un CD sulla Trinità, permettendomi di capire quel concetto che per me era assai vago. Poi ho aperto la Bibbia a caso e ho letto questo versetto: “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio” (Gv 1, 1). Non capivo quello che leggevo, ma mi sono venuti i brividi e ho capito di aver trovato in quel versetto Dio, il Dio che avevo sempre cercato.

Ho deciso di impegnarmi in un partito politico cristiano. Ho raccontato ai suoi membri la mia storia e ho chiesto loro di aiutarmi ad essere battezzata. Ed è quello che è avvenuto. Ho iniziato a studiare con padre Georges Kamel e poi con padre Jean Jermani e le Sorelle della Carità. Quando la data del mio Battesimo si avvicinava e il vescovo ha dato la sua approvazione, ho confessato ai miei genitori quello che probabilmente si aspettavano. Mia madre si è infuriata e mi ha detto: “Sarai battezzata solo dopo la mia morte”, mentre mio padre ha detto: “Fai quello che vuoi ma non cambiare il tuo status religioso sui documenti ufficiali. Non portare il disonore nella nostra famiglia”.

Tutto questo non mi ha fermato. Il giorno del mio Battesimo mia madre mi ha implorato di non andare, ma io sono andata comunque a ricevere questo grande sacramento.

I miei amici non lo sono più; hanno deciso di prendere le distanze da me. All’inizio mia madre mi chiamava infedele quando mi vedeva pregare e praticare la mia fede, ma abbiamo superato questa cosa con la Grazia di Dio. Sono impegnata in un gruppo di preghiera chiamato “Il Messaggio d’Amore”, fondato da padre Jermani, che mi ha aiutata molto. Il Signore me lo ha mandato come un santo sulla Terra. I santi non sono solo in paradiso, perché la santità inizia qui. Colgo l’opportunità per ringraziare lui e tutti i sacerdoti e le suore, i miei amici, il mio padrino, la mia madrina e il gruppo di preghiera, che è diventato la mia seconda famiglia, se non la prima.

Molte cose sono cambiate dentro di me. Ho imparato come perdonare come ha fatto Gesù quando è stato crocifisso. Ho imparato a vedere attraverso il volto dei miei fratelli e delle mie sorelle il volto di Gesù e a non aver paura di amare perché sono fatta a immagine di Dio, e Dio è Amore libero e assoluto. Ho imparato come essere una cosa sola con Gesù. Sto andando avanti con la mia vita tra genitori, parenti, amici, parrocchia, in un viaggio che mi porterà da Gesù. Pregate per me.

L’ostia sanguinante di Legnica è un segno della generosità di Dio

Screen shot 2016-07-26 at 1.01.32 PMDue giorni dopo la pubblicazione dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia, l’8 aprile, la Chiesa ha riconosciuto un fatto straordinario, accaduto in Polonia, proprio lì dove in questi giorni sono attesi migliaia di giovani che il 27 luglio prossimo arriveranno da tutto il mondo per partecipare alla Giornata mondiale della gioventù.

Il 10 aprile la Congregazione della dottrina per la fede ha infatti autorizzato il culto di un’ostia consacrata sanguinante presso il santuario di san Giacinto nella cittadina polacca di Legnica. E ha ordinato di esporre la reliquia «affinché i fedeli possano esprimere la propria adorazione in maniera appropriata».

ESPRESSIONE DELLA GENEROSITA’ DI DIO

L’attuale vescovo di Legnica, Zbigniew Kiernikowski, prima dell’inizio della Gmg e in occasione della Messa celebrata per l’esposizione della reliquia, ha auspicato «che tutto questo serva ad approfondire la devozione all’Eucarestia e che abbia un impatto sulla vita di coloro che passeranno di fianco a questa reliquia. Interpretiamo questo segno comeun’espressione della generosità di Dio, che si è piegato così in basso per stare insieme all’uomo» (Tempi.it, 17 luglio).

GLI ISTITUTI DI MEDICINA LEGALE

Il vescovo di Legnica, scrive il National Catholic Register (11 luglio),quando ha saputo che il predecessore, monsignor Cichy, aveva formato un comitato diocesano per studiare il fenomeno, chiedendo una consulenza anche degli istituti di medicina legale per valutarne l’autenticità, ha confermato i membri del comitato e incentivato ulteriormente le indagini. Quest’ultime, condotte a Breslavia e Stettino avrebbero accertato la presenza di tessuto cardiaco in base ai campioni analizzati.

«Adesso – sottolinea monsignor Kiernikowski attendiamo il pronunciamento della Congregazione per la Dottrina della Fede per affermare che effettivamente sia un fatto soprannaturale».

L’OSTENSIONE NEL RELIQUIARIO

Già lo scorso 10 aprile, il vescovo, durante una messa celebrata nel Santuario di San Giacinto, ha affermato la possibili e autenticità dell’ostia insanguinata. «Ho chiesto a Padre Andrzej Ziombra, il parroco di San Giacinto di trovare un luogo adatto per visualizzare l’ostia, in modo che i fedeli possano esprimere la loro devozione ad essa».

E così dal 2 luglio, l’ostia è stata posta in un reliquiario per la vista pubblica in San Giacinto. Più di 3.000 fedeli hanno partecipato ad una liturgia di espiazione nella cattedrale di Legnica e alla successiva processione a San Giacinto.

Papa Francesco: “Gesù è tra i migranti che la gente vuole cacciare via”

All’Angelus il Pontefice lancia un appello all’accoglienza e, citando una canzone di Mina, mette in guardia da una solidarietà «solo a parole»

«Alla fine saremo giudicati sulle opere di misericordia», sostiene all’Angelus Francesco citando la celebre canzone di Mina (con Alberto Lupo) «Parole, parole» per mettere in guardia dalle «parole che si porta via il vento» e per distinguere le opere di misericordia da una solidarietà solo affermata con le parole. «Dio è nei rifugiati che tutti vogliono cacciare via. Il mio prossimo ha anche nazionalità e religioni diverse», evidenzia Francesco.

iniaine4fn4jeust9fwl-_x_34s9_td6adelp-ehzahjpwhntx9cxhmuetybmmq4bnq4b9lr6d9psvom5bnvfxthszxsnwSe gli altri non ci interpellano, «non siamo buoni cristiani», avverte. «Chi è il mio prossimo? Chi devo amare come me stesso? I miei parenti? I miei amici? I miei connazionali? Quelli della mia stessa religione?», si chiede il Papa in una catechesi sulla parabola del buon samaritano che «nel suo racconto semplice e stimolante indica uno stile di vita, il cui baricentro non siamo noi stessi, ma gli altri, con le loro difficoltà».

E cioè «coloro che incontriamo sul nostro cammino e che ci interpellano». Infatti, sottolinea il Pontefice, «gli altri ci interpellano e quando non ci interpellano qualcosa non funziona, qualcosa non è cristiano». Quindi, aggiunge Jorge Mario Bergoglio, «non devo catalogare gli altri per decidere chi è mio prossimo e chi non lo è: dipende da me essere o non essere prossimo della persona che incontro e che ha bisogno di aiuto, anche se estranea o magari ostile».

Perciò occorre farsi prossimo «del fratello e della sorella che vediamo in difficoltà». Da qui l‘appello di Francesco a «fare opere buone, non solo dire parole che vanno al vento: mi viene in mente quella canzone “parole, parole”. E “mediante le opere buone che compiamo con amore e con gioia verso il prossimo, la nostra fede germoglia e porta frutto”. Ne scaturisce la domanda: “La nostra fede è feconda? Produce opere buone? Oppure è piuttosto sterile, e quindi più morta che viva? Mi faccio prossimo o semplicemente passo accanto? Seleziono le persone a secondo del mio proprio piacere?”». Queste domande, precisa il Pontefice, «è bene farcele spesso perché alla fine saremo giudicati sulle opere di misericordia».

Infatti il Signore potrà dirci: «Ti ricordi quella volta, sulla strada da Gerusalemme a Gerico? Quell’uomo mezzo morto ero io. Quel migrante che volevano cacciare via ero io. Quel nonno abbandonato ero io. Quel malato che nessuno va a trovare in ospedale ero io».

Dopo la recita dell’Angelus, Francesco ha ricordato che oggi ricorre la «Domenica del mare», a sostegno della cura pastorale della gente di mare. L’incoraggiamento del Papa è rivolto ai «marittimi e i pescatori nel loro lavoro, spesso duro e rischioso, come pure ai cappellani e ai volontari nel loro prezioso servizio. Maria, Stella del Mare, vegli su di voi».

Salutando i gruppi di fedeli presenti in piazza San Pietro, Francesco a un certo punto si è interrotto. «Ho sentito lì alcuni dei miei connazionali che non stanno zitti – ha affermato a braccio tra italiano e spagnolo -, a los argentinos che estàn aquì e che fanno chiasso, che hacen lio, un saludo especial».

Papa Francesco: «Il cristiano non esclude nessuno»

Così il pontefice durante l’udienza in Piazza San Pietro di oggi

24762lpr_2a089c86cca2205Toccare il povero, un escluso, purifica dall’ipocrisia. Lo ha affermato Papa Francesco nella catechesi dell’udienza generale, incentrata sulla parabola evangelica del lebbroso che, rompendo le convenzioni dell’epoca che glielo impedivano, chiede a Gesù di essere purificato. Il Papa ha poi accolto vicino a sé, sul palco, un gruppo di rifugiati della Caritas di Firenze.

Di seguito, ampi stralci della catechesi del Papa:

“’Signore, se vuoi, puoi purificarmi!’: è la richiesta che abbiamo sentito rivolgere a Gesù da un lebbroso. Quest’uomo non chiede solamente di essere guarito, ma di essere ‘purificato’, cioè risanato integralmente, nel corpo e nel cuore. Infatti, la lebbra era considerata una forma di maledizione di Dio, di impurità profonda. Il lebbroso doveva tenersi lontano da tutti; non poteva accedere al tempio e a nessun servizio divino. Lontano da Dio e lontano dagli uomini”.

Ma nonostante ciò, osserva Francesco, il lebbroso “non si rassegna né alla malattia né alle disposizioni che fanno di lui un escluso. Per raggiungere Gesù, non temette di infrangere la legge ed entra in città”, gli si inginocchia davanti ed esclama: ‘Signore, se vuoi, puoi purificarmi’, sicuro che Gesù “abbia il potere di sanarlo e che tutto dipenda dalla sua volontà. Questa fede è la forza che gli ha permesso di rompere ogni convenzione e di cercare l’incontro con Gesù”.

“La supplica del lebbroso – prosegue il Papa – mostra che quando ci presentiamo a Gesù non è necessario fare lunghi discorsi. Bastano poche parole, purché accompagnate dalla piena fiducia nella sua onnipotenza e nella sua bontà. Affidarci alla volontà di Dio significa infatti rimetterci alla sua infinita misericordia. Anche io vi farò una confidenza personale. La sera, prima di andare a letto, io prego questa breve preghiera: ‘Signore, se vuoi, puoi purificarmi!’. E prego cinque ‘Padre nostro’, uno per ogni piaga di Gesù, perché Gesù ci ha purificato con le piaghe. Ma se questo lo faccio io, potete farlo voi anche, a casa vostra, e dire: ‘Signore, se vuoi, puoi purificarmi!’ e pensare alle piaghe di Gesù e dire un ‘Padre nostro’ per ognuna. E Gesù ci ascolta sempre”.

Gesù, sottoliena Francesco, resta “profondamente colpito” dal lebbroso e lo guarisce infrangendo anch’egli “le disposizioni della Legge di Mosè, che proibiva di avvicinarsi a un lebbroso”. Quante volte, afferma il Papa, “noi incontriamo un povero che ci viene incontro! Possiamo essere anche generosi, possiamo avere compassione, però di solito non lo tocchiamo. Gli offriamo la moneta, ma evitiamo di toccare la mano e la buttiamo lì. E dimentichiamo che quello è il corpo di Cristo! Gesù ci insegna a non avere timore di toccare il povero e l’escluso, perché Lui è in essi. Toccare il povero può purificarci dall’ipocrisia e renderci inquieti per la sua condizione”. E indicando il gruppo di giovani rifugiati che poco prima ha accolto e fatto sedere sugli scalini del sagrato accanto a lui, il Papa ha ripetuto: “Oggi mi accompagnano qui questi ragazzi. Tanti pensano di loro che è meglio che fossero rimasti nella loro terra, ma lì soffrivano tanto. Sono i nostri rifugiati, ma tanti li considerano esclusi. Per favore, sono i nostri fratelli! Il cristiano non esclude nessuno, dà posto a tutti, lascia venire tutti”.

Il Papa si sofferma poi sulla raccomnadazione di Gesù al lebbroso guarito: “Va’ a mostrarti al sacerdote e fa’ l’offerta per la tua purificazione come Mosè ha prescritto, a testimonianza per loro”. Sono parole, dice, che indicano “almeno tre cose. La prima: la grazia che agisce in noi non ricerca il sensazionalismo. Di solito essa si muove con discrezione e senza clamore. Per medicare le nostre ferite e guidarci sulla via della santità essa lavora modellando pazientemente il nostro cuore sul Cuore del Signore, così da assumerne sempre più i pensieri e i sentimenti. La seconda: facendo verificare ufficialmente l’avvenuta guarigione ai sacerdoti e celebrando un sacrificio espiatorio, il lebbroso viene riammesso nella comunità dei credenti e nella vita sociale. Il suo reintegro completa la guarigione. Come aveva lui stesso supplicato, ora è completamente purificato! Infine, presentandosi ai sacerdoti il lebbroso rende loro testimonianza riguardo a Gesù e alla sua autorità messianica. La forza della compassione con cui Gesù ha guarito il lebbroso ha portato la fede di quest’uomo ad aprirsi alla missione. Era un eslcuso, adesso è uno di noi”.

Francesco ha concluso con questo pensiero: “Pensiamo a noi, alle nostre miserie… Ognuno ha la propria. Pensiamo con sincerità. Quante volte le copriamo con la ipocrisia delle ‘buone maniere’. E proprio allora è necessario stare da soli, mettersi in ginocchio davanti a Dio e pregare: ‘Signore, se vuoi, puoi purificarmi!’. E fatelo, fatelo prima di andare a letto, tutte le sere”.